
Nelle aziende, oltre ad esserci un linguaggio di chiara ispirazione militare (infatti si parla di raggiungere degli “obiettivi” di “sconfiggere” la concorrenza, si parla di “ordini” (ordine di acquisto, ordine di produzione, ordine di vendita) di “gerarchia”, eccetera, esiste anche un linguaggio magico, fatto di simbolismi, di liturgie, di formule incantate che possono, in un attimo, risolvere spinosi problemi che si trascinano da tempo. Ad esempio:
- le “5S” (Seiri, Seiton, Seiso, Seiketsu, Shitsuke / Scegliere, Sistemare, Controllare l’ordine e la pulizia creati, Standardizzare, Sostenere nel tempo), per organizzare il posto di lavoro, riducendo gli sprechi e fornendo un approccio disciplinato per l’organizzazione;
- le “5W” (Whys / Perchè), per trovare la causa radice di un problema;
- l’”8D (Disciplines / Discipline) per la risoluzione di un problema, in maniera scientifica e strutturata, passando dalla definizione del problema alla sua risoluzione e prevenzione futura;
- le “5W1H”: altro approccio di risoluzione dei problemi che si basa sulle sei domande fondamentali: Who (Chi), What (Cosa), When (Quando), Where (Dove), Why (Perché), e How (Come).
In questa sede non si vuole fare un elenco esaustivo di tutte le “formule magiche”, per il quale non basterebbe un volume dell’enciclopedia Treccani, ma solo evidenziare che, al di là dell’approccio “scientifico” che il moderno management promette di praticare, esiste una simbologia e una terminologia che richiama piuttosto gli antichi alchimisti del medioevo.
Perché la formula del business, nonostante siamo in tempi di intelligenza artificiale, è come la pietra filosofale: tutti ne parlano, molti la cercano, ma nessuno l’ha vista.