
Molta confusione genera, nel ciclo PDCA, la presenza di due parole apparentemente sinonimi: “do” e “act”. Potremo tradurle con “fare” e “agire”. Oppure con “eseguire” ed “implementare”. O con “realizzare” e “compiere”.
In ogni caso, qualunque sia la traduzione che si preferisce, solo apparentemente sono sinonimi, perché nella mente di colui che ha ideato il ciclo, a beneficio del martoriato Giappone nel secondo dopoguerra, i due termini hanno un significato ben preciso e assolutamente non si confondono.
Ma vediamo nel dettaglio cosa significano le due, anzi, tutte e quattro le parole che compongono il famoso ciclo:
Pianificare: identificare il problema, individuare la causa radice e sviluppare una strategia per la sua risoluzione. Stabilire gli obiettivi qualitativi e i criteri di successo fondamentali, individuare gli indicatori di prestazione, acquisire e esaminare i dati rilevati, generare varie alternative di soluzione, optare per l’opzione più realizzabile e attuarla.
Fare: se possibile, inizialmente, applicare la soluzione in un contesto ridotto o effettuare un test per valutare l’efficacia del miglioramento suggerito. Il rilevamento dei dati è cruciale. Istruire l’intero personale coinvolto nelle metodologie e nelle pratiche per l’ottimizzazione della qualità. Descrivere il processo che si presume necessiti di ottimizzazione e costituire gruppi di lavoro per guidarlo.
Controllare: esaminare il progetto pilota mediante le metriche di prestazione stabilite. Accertare l’efficacia del miglioramento. Quali lezioni sono state apprese?
Agire: agire per introdurre miglioramenti validati. Le opzioni includono: introdurre il piano, modificarlo o cambiarlo. I miglioramenti sono documentati in procedure standard, in modo che tutti i dipendenti coinvolti siano ben informati su come gestirli in futuro. Generalmente, il ciclo è replicato in vari contesti e situazioni per confermare la bontà e la coerenza dei risultati.