La leggenda vuole che il naufragio del Titanic sia stato causato da una chiave. La chiave del mobile che custodiva i binocoli per il ponte di comando e che era stata dimenticata a terra prima della partenza. Senza i binocoli l’equipaggio di comando della nave era costretto a navigare a vista, senza nemmeno il potenziamento della stessa tramite lo strumento ottico e la vedetta non diede l’allarme in tempo per evitare la famosa collisione con l’iceberg e la fine dello sventurato vascello.
Al di là della leggenda, cui è difficile credere, trattandosi di una delle più potenti e organizzate marine del mondo di allora, la sciagura pone interessanti analogie di business, soprattutto se è calata nella realtà nostrana.
Sono ancora troppe le PMI italiane, purtroppo, che non hanno un sistema di controllo di gestione adeguato per avere “un’immagine ingrandita” del business; anzi, nella maggior parte dei casi, tale controllo è del tutto assente!
Questo stato di cose pone l’azienda e l’imprenditore in una situazione di rischio notevole, in quanto non è in grado di cogliere la situazione reale dell’azienda e poter prendere, di conseguenza, le relative contromisure.
Questa carenza è figlia, a parere dello scrivente, di tre fattori:
- l’approccio estremamente pragmatico dell’imprenditoria medio-piccola italiana, nata dalle rovine del dopoguerra, in una situazione in cui, mancando di tutto, la priorità era produrre qualcosa e offrirla al mercato; in questo contesto si dà la priorità agli “strumenti che servono” (un macchinario nuovo, un operaio, un commerciale), piuttosto che a strumenti considerati a torto come “optional”;
- La scarsa cultura manageriale che regna nelle imprese italiane, che rende difficile la comprensione e la necessità di tali strumenti;
- una filosofia di gestione del business comandata più dalla pancia che dalla testa, più dalle sensazioni che dai numeri, più dalle intuizioni che dai ragionamenti.
L’auspicio? Che le crisi degli ultimi anni, che pensavamo impossibili nel mondo attuale, dalla crisi americana dei subprime del 2007, a cui ha fatto seguito la recessione mondiale, dalla pandemia del 2020 e la susseguente esplosione dei costi delle materie prime, dalla guerra russo-ucraina del 2022, crisi che pensavamo impossibili – dicevo – abbiano insegnato qualcosa anche a noi che ci occupiamo di impresa: il mondo non si può prevedere; l’unica cosa che possiamo fare è attrezzarci per vedere un poco più in là. Nella speranza che sia sufficiente per salvarci dall’iceberg.