KPI

La necessità di implementare un controllo di gestione, ancorché rudimentale, con i relativi KPI (Key Performance Indicators o Indicatore chiave di prestazione) è ben nota alle grandi aziende, che sovente non risparmiano risorse in questo senso.

Nelle PMI, purtroppo, la realtà è molto diversa e, generalmente, gli unici KPI in uso sono due:

  • il risultato di bilancio e
  • il saldo della cassa.

Indicatori importantissimi, per carità, ma che non assolvono alla funzione principale: fornire all’imprenditore e/o a chi guida l’azienda un cruscotto di segnalatori che dicano la direzione in cui si sta andando.

È come se, in una vettura, invece dell’indicatore del livello di carburante, avessimo una spia per il “fine carburante”: informazione tardiva e, soprattutto, inutile, in quanto già mi accorgo, dall’arresto della vettura, che il carburante è terminato. E alla difficoltà oggettiva della situazione (non riesco a raggiungere la destinazione che mi ero fissato), si unisce il pericolo reale di trovarmi bloccato in mezzo alla strada, con grave rischio per me (imprenditore) e gli altri (le parti interessate, in primis i dipendenti).

Inoltre, tali indicatori devono essere “in tempo reale”, ossia dare la situazione “al momento” e non dopo mesi, come accade per la stesura di bilancio. “In tempo reale” è da intendersi con una frequenza adeguata (almeno mensile) ed entro un tempo congruo (10 – 15 gg di ritardo al massimo).

La soluzione: l’implementazione di un controllo di gestione, ancorchè basilare, che mostri l’andamento dell’azienda con 4 o 5 indicatori chiave:

  • il fatturato con le varie marginalità (industriale, commerciale, totale);
  • i costi, suddivisi per tipologia (costo del venduto, costi commerciali, tecnici, generali e amministrativi);
  • il portafoglio ordini (indicatore della continuità per l’immediato futuro);
  • il capitale circolante (crediti clienti, debiti fornitori, giacenze);
  • la cassa (per non morire).

Perché prevenire è meglio che curare, anche nel business.

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